Due o tre cose sul Marketing che possiamo imparare dalle Farmacie

antonio incorvaia
4 min readJun 19, 2019

Negli ultimi due anni ho avuto l’onore di essere coinvolto, a titolo di relatore e consulente, in un progetto di Digital Empowerment sviluppato da Alès Groupe — uno dei più importanti brand internazionali di fitocosmetica — in collaborazione con IED Milano. L’obiettivo: fornire a oltre 100 Farmacie del circuito Pharmacie d’Excellence in tutta Italia un servizio di training esclusivo one-to-one (erogato presso le Farmacie stesse) per potenziare la loro comunicazione online amplificandone, di conseguenza, la rilevanza e l’attrattività offline.

Oltre al suo concept indubbiamente illuminato, che va ben oltre la generica “formazione aziendale” e va ben oltre anche i sempre più sterili «10 consigli per avere successo sui Social Media», il principale merito dell’iniziativa è quello di promuovere l’idea che il web sia uno strumento funzionale a raggiungere obiettivi misurabili su scala microterritoriale. In uno scenario di mercato in cui le Farmacie si trovano a dover fare i conti non solo con le abitudini delle persone («Vado nella Farmacia che mi è più comoda» / «Vado in una Farmacia qualsiasi») o con i competitor diretti e indiretti (Farmacie limitrofe, Parafarmacie, Profumerie, Vitamin Store), ma soprattutto con l’avanzata delle catene internazionali, con le applicazioni un-tanto-al-chilo per smartphone e con la grande distribuzione varia ed eventuale («Perché dovrei comprare una crema antirughe in Farmacia se quelle del supermercato costano meno della metà?»), affidare al digital non l’illusione di riempire gli stadi — che, ahimè, qualcuno si ostina ancora a promettere a scopo di lucro — bensì l’opportunità di garantirsi un vantaggio strategico è la motivazione più virtuosa per ottenere risultati concreti.

Senza bisogno di inventarsi niente di nuovo, ma utilizzando al meglio quei pochi e sostanziali elementi distintivi che, in rete come fuori, fanno sempre la differenza.

1. LE PERSONE

Una Farmacia lo sa meglio di chiunque altro: nessun brand e nessun prodotto potranno mai sovrascrivere la fiducia che un essere umano ripone in un altro essere umano. E uno specialista del Marketing dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro: nessun contenuto di brand o di prodotto potrà mai stimolare la fiducia che il contenuto di un essere umano stimola in un altro essere umano. Per questo, che si tratti di raccontare una Farmacia, un brand o un prodotto, se l’obiettivo è quello di costruire con l’utente una relazione fondata sulla fiducia — e ormai lo è ogni qualvolta si tira in ballo la parola «conversione» — non si può prescindere dal mostrargli le persone che ne fanno parte.

Senza usarle come imbonitori da televendita (raramente funziona) o come “testimonial”, ma rendendo semplicemente pubblico un valore che troppo spesso viene percepito solo in forma privata. E talora nemmeno in quella.

2. L’ASCOLTO

Nell’epoca del Data Mining e del Data Driven, ascoltare i propri utenti per conoscerli e profilarli in modo sempre più accurato non significa continuare a strillare «E tu cosa ne pensi? Scrivilo nei commenti!» in calce a ogni articolo, post o messaggio in bottiglia che sia. Un farmacista non ha bisogno di estorcere a un cliente un’opinione, ma si mette nella condizione ideale per acquisire un’informazione (un comportamento, un bisogno, una patologia) da tradurre in una soluzione. Ecco, chi oggi si occupa di Marketing dovrebbe adottare lo stesso approccio: anziché collezionare dashboard con quintali di dati che non rimandano ad altra evidenza se non trend di vendita e volumi di fatturato, capire – attraverso quegli stessi dati (perfino gli Analytics di Google possono essere più narrativi di un romanzo, a leggerli nel modo giusto) — i comportamenti, i bisogni e le patologie degli utenti.

Senza ridurli al consueto plotoncino di Personas che poi in nessun caso corrispondono a individui reali, ma attrezzandosi tecnicamente e tecnologicamente per dare risposte concrete a esigenze mirate.

3. IL POSIZIONAMENTO

Contrariamente a quanto pensano in molti, le Farmacie non sono tutte uguali. E questo, avendone incontrate e conosciute diverse attraverso il progetto di Digital Empowerment di Alès Groupe, mi appare ormai evidente: c’è quella specializzata in Beauty e quella specializzata in Wellness; c’è quella Kid Friendly e quella Pet Friendly; c’è quella centenaria e quella avanguardistica; c’è quella con lo staff al 100% di quote rosa e quella con lo staff al 100% di Under30. Ciascuna con una storia peculiare dettata da una precisa scelta (originaria o evolutiva) di posizionamento. Per contro, quello che sta succedendo sul web negli ultimi mesi è esattamente l’opposto: i brand vogliono essere ovunque — specialmente su Instagram, anche quando il loro target di riferimento è uomo Over60 con il telefono a rotella — con contenuti duplicati/triplicati/moltiplicati all’infinito su qualsiasi argomento (è il “real time marketing”, bellezza!). Con l’unico effetto tangibile, al di là del famigerato «numero di Like», di perdere qualsiasi forma di identità.

Ebbene no: all’alba dell’AD 2020 non è (più) obbligatorio essere ovunque. Non è obbligatorio nemmeno essere da nessuna parte. È indispensabile, piuttosto, essere solo laddove ci si può posizionare in modo coerente agli obiettivi, ai pubblici e ai contenuti che si hanno.

Senza farsi irretire dai trend del momento (quante aziende hanno aperto canali su Flickr, su Google+, su Twitter, su Pinterest e su Snapchat nella convinzione che «più tagliandi invii più probabilità hai di vincere»?) ma capitalizzando al meglio i propri punti di forza.

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antonio incorvaia

Creative strategist, digital coach, autore e qualcos’altro (auspicabilmente) ancora da provare.